Sviluppo neurocognitivo e interventi riabilitativi specifici
L’eterogeneità delle manifestazioni cliniche e la coesistenza di disturbi cognitivi, comportamentali e sensori-motori, rendono la gestione dei ragazzi con sindrome di Dravet particolarmente complessa. Tali aspetti rivestono un ruolo cruciale nel quadro clinico globale, influenzando significativamente la qualità della vita sia dell’individuo che dei caregivers. Questo scenario sottolinea la necessità di sviluppare piani riabilitativi specifici, che tengano conto della complessità del quadro. I disordini dello sviluppo descritti nella sindrome impongono l’urgenza di pianificare e implementare interventi mirati, capaci di affrontare e gestire questi aspetti in modo efficace. In questo contesto, l’obiettivo del trattamento non deve limitarsi al controllo delle crisi epilettiche, ma dovrebbe abbracciare un approccio più ampio e integrato al benessere complessivo del paziente.
Secondo i principi della medicina personalizzata, la cura e la riabilitazione non devono basarsi su protocolli standardizzati, ma richiedono un adattamento specifico alle esigenze del singolo soggetto e della sua famiglia, attraverso un approccio multidimensionale e individualizzato. La riabilitazione deve essere progettata tenendo conto delle peculiarità del ragazzo, delle sue difficoltà specifiche e delle sue caratteristiche uniche. È essenziale eseguire una valutazione accurata delle sue capacità, sempre in riferimento alla letteratura scientifica attuale. L’intervento riabilitativo deve mirare alla riduzione del divario tra le abilità acquisite dalla persona con SD e quelle attese, compensare le funzioni compromesse e potenziare le capacità residue. Attraverso percorsi terapeutici specifici, è possibile individuare strategie utili a fronteggiare le difficoltà della vita quotidiana, con l’obiettivo di favorire una maggiore autonomia.
Per redigere piani specifici, è fondamentale definire un “fenotipo Dravet” che comprenda tutte le peculiarità cliniche caratterizzanti.
Disordini dello sviluppo cognitivo
Fin dalla descrizione iniziale della sindrome [37], è stata evidenziata una compromissione dello sviluppo e difficoltà cognitive, fattori che, insieme alle problematiche comportamentali, influenzano negativamente la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie [..]. Studi longitudinali […] hanno documentato un declino cognitivo che inizia tra i 2 e i 3 anni, con una stagnazione o rallentamento dello sviluppo rispetto ai bambini normodotati. La disabilità intellettiva, che varia da moderata a severa, appare correlata al divario crescente tra età cronologica e età mentale, aggravato da disturbi motori e comportamentali […].
Diversi studi condotti in età prescolare hanno evidenziato esiti cognitivi eterogenei. In generale, si osserva un progressivo deterioramento delle abilità cognitive con l’aumento dell’età, che interessa il 73%-88% dei bambini[…]. Un studio del 2013 (Nabbout et al.) ha seguito per un lungo periodo 15 bambini di età compresa tra 2 e 5 anni, rilevando che lo sviluppo cognitivo era preceduto da un miglioramento delle abilità verbali rispetto a quelle visuo-motorie, suggerendo un profilo eterogeneo nelle capacità dei bambini con questa sindrome. Un altro studio più ampio, condotto da Battaglia et al. nel 2021 su 34 bambini seguiti fino ai 6 anni, ha confermato questi risultati. Alla fine del follow-up, solo il 12% dei bambini presentava un quoziente di sviluppo globale nella norma, il 21% aveva risultati borderline, il 38% una disabilità lieve, il 21% una disabilità moderata e il 9% una disabilità severa.
Altri studi (Cassé-Perrot et al., 2001; Wolff et al., 2006; Ragona et al., 2010; Chieffo et al., 2011b; Nabbout et al., 2013) hanno osservato che il declino cognitivo inizia tra i due e i cinque anni e tende a rallentare progressivamente fino all’età scolare, per poi stabilizzarsi. Sebbene i punteggi nelle valutazioni standardizzate sembrino diminuire, la crescita cognitiva continua durante l’infanzia, come confermato da Nabbout et al. (2013).
Pochi studi hanno analizzato gli aspetti cognitivi durante l’adolescenza nei soggetti con sindrome di Dravet. Olivieri et al. (2016) hanno studiato 20 adolescenti, trovando che, tranne uno con un QI normale, la maggior parte aveva una disabilità intellettiva (ID) lieve (26,5%) o moderata-grave (70,5%). Darra et al. (2019) hanno osservato che, nonostante un miglioramento dell’epilessia con l’età, non si è registrato un miglioramento delle capacità cognitive. I risultati cognitivi dei bambini in età scolare sembrano simili a quelli degli adolescenti, suggerendo che il livello cognitivo rimanga stabile dopo il declino osservato nell’infanzia. Tuttavia, sono necessari studi longitudinali per confermare questi dati. Olivieri et al. (2016) hanno anche osservato che gli adulti tendono a presentare un tasso più elevato di ID moderata-grave, indicando una possibile progressione del deterioramento cognitivo. Tuttavia, molte delle serie di adulti includevano pazienti con diagnosi tardiva, trattati con politerapie pesanti e spesso inadeguate, il che ha avuto un impatto negativo sugli esiti cognitivi e comportamentali (De Lange et al., 2018). Studi futuri dovranno chiarire se una diagnosi precoce e l’uso di nuovi farmaci antiepilettici possano migliorare gli esiti cognitivi e comportamentali.
Molti studi sul ruolo della mutazione genetica nella sindrome di Dravet non sono riusciti a trovare una correlazione chiara tra il tipo di mutazione e la gravità del fenotipo. Inoltre, la maggior parte degli studi che esplorano la correlazione genotipo-fenotipo si sono focalizzati sul fenotipo epilettico, tralasciando l’esito cognitivo. L’outcome neurocognitivo è influenzato da diversi fattori, tra cui le caratteristiche genetiche, la gravità dell’epilessia, l’uso eccessivo di farmaci per controllare le crisi, il background genetico individuale, fattori acquisiti e socio-ambientali.
Uno studio longitudinale prospettico svolto nel 2011 con lo scopo di descrivere la prima evoluzione neuropsicologica e i primi stadi precognitivi della Sindrome di Dravet, ha mostrato nei 5 casi studiati una compromissione delle funzioni neurovisive precedente il declino dello sviluppo, utile nel fornire importanti informazioni prognostiche.
Bibliografia
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Sulla riabilitazione
er una valutazione completa delle abilità cognitive, che favorisca una diagnosi precoce e il monitoraggio del percorso di sviluppo, è fondamentale l’utilizzo di test standardizzati somministrati da clinici qualificati. Le scale neuropsicologiche vengono selezionate in base all’età e alle esigenze specifiche del bambino. Nei più piccoli, dai 0 agli 8 anni, le Scale Griffiths sono uno strumento prezioso per valutare le abilità cognitive, motorie e sociali. Per i bambini in età prescolare (dai 2 ai 7 anni), la WPPSI-IV è ideale per esplorare le capacità verbali, la memoria di lavoro e la velocità di elaborazione. A partire dall’età scolare (dai 6 anni), la WISC-V è lo strumento più adatto per misurare l’intelligenza verbale e visuo-spaziale, nonché la memoria di lavoro, fino ai 16 anni. Oltre questa fascia di età, si ricorre alla WAIS-IV, che permette di valutare in modo approfondito l’intelligenza verbale e visuo-spaziale negli adolescenti e negli adulti. Per i bambini con difficoltà verbali, la LEITER-3 rappresenta una valida alternativa, offrendo una valutazione delle abilità cognitive non verbali. Infine, l’uso delle Vineland Adaptive Behavior Scales consente di monitorare le abilità adattive, come la comunicazione, la socializzazione e le competenze motorie, completando così una valutazione globale e più accurata del funzionamento del bambino.
Le strategie riabilitative più efficaci per potenziare il funzionamento cognitivo richiedono l’intervento di professionisti specializzati, come il neuropsicomotricista, in particolare per i bambini in età prescolare e scolare. Per i più piccoli, infatti, la stimolazione neuro-sensoriale gioca un ruolo cruciale nello sviluppo motorio, linguistico e neuro-cognitivo. La stimolazione sensoriale, che deve coinvolgere tutti i sensi, è essenziale per affinare la capacità di riconoscere gli stimoli esterni e migliorare la propriocezione, ossia la percezione del corpo nello spazio. In questo contesto, diventa fondamentale la creazione di un ambiente riabilitativo arricchito da tessuti di diverse consistenze, oggetti con materiali differenti e giochi colorati, che possano amplificare l’esperienza sensoriale del bambino. Inoltre, l’idrochinesiterapia si rivela uno strumento molto valido per il potenziamento delle competenze motorie e senso-percettive, in quanto consente di stimolare in modo globale il corpo del bambino, favorendo il miglioramento della propriocezione. Oltre a queste tecniche, è altrettanto importante l’intervento logopedico, che supporta lo sviluppo delle abilità cognitive, linguistiche e comunicative. In particolare, la logopedia interviene su aspetti fondamentali come il linguaggio, la comunicazione e le funzioni esecutive, che sono essenziali per il corretto funzionamento delle competenze cognitive. Un elemento fondamentale di queste strategie riabilitative è l’adozione di un approccio integrato che coinvolga anche le famiglie, in particolare attraverso l’adozione di strategie di parent training. L’inserimento dei genitori in percorsi di formazione e sensibilizzazione consente di ottimizzare gli interventi riabilitativi, creando una continuità tra il contesto terapeutico e quello familiare. In questo modo, i genitori diventano attori chiave nel sostenere e applicare quotidianamente le tecniche apprese, rafforzando i progressi del bambino e facilitando un adattamento più efficace alle esigenze individuali.
Disordini delle funzioni visive
In uno studio svolto dalla dottoressa Ricci e colleghi (1), sono stati seguiti nel tempo cinque bambini con Sindrome di Dravet. I clinici hanno osservato un progressivo peggioramento delle funzioni visive legate al cervello. In condizioni normali, ciò che vediamo viene trasformato in un’immagine sulla retina e poi trasmesso al cervello, dove viene elaborato attraverso due vie principali che lavorano insieme. La prima, chiamata via del “What” (cioè del “Cosa”), ci aiuta a riconoscere ciò che stiamo guardando. La seconda, chiamata via del “Where” (cioè del “Dove”), ci permette di capire dove si trovano gli oggetti nello spazio, come si muovono e come coordinarci per afferrarli o evitarli. Quando questa seconda via, la dorsale, è compromessa, il bambino può avere difficoltà a orientarsi nello spazio, a percepire i movimenti o a coordinare occhi e mani per costruire, disegnare o afferrare oggetti (2). Secondo il modello dual stream (3), la via dorsale parte dalla zona posteriore del cervello e arriva fino alle aree frontali, ed è responsabile dell’elaborazione delle informazioni visive che servono per l’azione: capire dove sono gli oggetti, quanto sono lontani, in che direzione si muovono. La via ventrale, invece, si occupa di riconoscere le caratteristiche dell’oggetto, come forma, grandezza e orientamento. Nei bambini con Sindrome di Dravet si riscontra spesso una fragilità proprio della via dorsale (dorsal stream vulnerability), un fenomeno presente anche in altri disturbi genetici dello sviluppo (4). Le due vie visive possono essere valutate con test specifici, e in età scolare si osserva più spesso una maggiore difficoltà nelle funzioni visuo-motorie (legate alla via dorsale) rispetto a quelle legate al riconoscimento degli oggetti (via ventrale). Queste difficoltà nel vedere e interpretare correttamente il mondo che li circonda influenzano la capacità dei bambini di imparare: diventa più difficile distinguere forme e movimenti, e questo limita la costruzione di un “archivio visivo” necessario per apprendere e sviluppare abilità cognitive più complesse. In alcuni casi, una valutazione approfondita ha evidenziato segnali di difficoltà visiva anche mesi prima che si manifestasse un calo delle capacità cognitive. Questo significa che l’osservazione precoce delle funzioni visive può fornire indicazioni importanti sul percorso evolutivo del bambino, aiutando a definire in anticipo un piano terapeutico e riabilitativo mirato (5).
Sulla riabilitazione
La valutazione delle funzioni visive è un passaggio fondamentale già a partire dai primi mesi di vita, soprattutto nei bambini con Sindrome di Dravet. Questa valutazione, condotta da specialisti come ortottisti, oculisti e neuropsichiatri infantili, consente di individuare precocemente eventuali difficoltà nell’elaborazione visiva e di impostare un percorso riabilitativo personalizzato. Attraverso lo studio delle funzionalità neurovisive è possibile riconoscere le principali aree di fragilità del bambino. Intervenire su questi aspetti permette non solo di migliorare le abilità visive, ma anche di potenziare funzioni cognitive più complesse che dipendono da una corretta percezione visiva. L’obiettivo della riabilitazione neurovisiva è duplice: da un lato si lavora per migliorare la qualità dell’immagine percepita dal bambino, dall’altro si punta a potenziare la coordinazione tra occhi e mani, elemento chiave per l’interazione con l’ambiente. Questo percorso si articola principalmente in due approcci complementari il training visuo-motorio, che stimola direttamente le abilità visive attraverso esercizi che coinvolgono il movimento oculare, la capacità di fissare oggetti, seguire con lo sguardo e mantenere l’attenzione visiva; il training visuo-percettivo, che mira a migliorare l’interpretazione degli stimoli visivi da parte del cervello, promuovendo il riconoscimento, la discriminazione e l’associazione degli oggetti con il loro significato. In età prescolare, attività ludiche come puzzle, giochi di incastro, strumenti causa-effetto o percorsi visivi guidati possono rivelarsi molto efficaci. Attraverso questi strumenti, il bambino è stimolato a esplorare l’ambiente visivamente e a sviluppare competenze spaziali fondamentali per l’apprendimento. Con la crescita, il lavoro riabilitativo si evolve: diventa importante proporre attività che favoriscano la compensazione dei deficit percettivi, attraverso giochi di costruzione con cubetti colorati, esercizi che richiedano precisione nei movimenti, coordinazione occhio-mano e uso simultaneo di entrambe le mani. Queste esperienze, se integrate in modo strutturato e graduale, possono avere un impatto significativo sull’autonomia del bambino e sulla sua partecipazione alle attività quotidiane e scolastiche.
Bibliografia
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Difficoltà comportamentali
I disturbi comportamentali rappresentano una componente significativa del quadro clinico della sindrome di Dravet (DS), con un’incidenza elevata documentata in numerosi studi. La prevalenza, secondo le valutazioni effettuate con strumenti standardizzati, varia tra il 43% e il 100% (Jansson et al., 2020). Le manifestazioni più comuni includono deficit di attenzione, iperattività, comportamenti oppositivi e tratti riconducibili al disturbo dello spettro autistico (ASD). I comportamenti di tipo esternalizzante, come iperattività e aggressività, risultano generalmente più frequenti rispetto a quelli internalizzanti – tra cui ritiro sociale, ansia e sintomi somatici – anche se alcune ricerche riportano un’inversione di tendenza, con una prevalenza di disturbi internalizzanti (Battaglia et al., 2013; Ragona et al., 2011; Olivieri et al., 2016). Nel tempo, tali disturbi possono mostrare un’evoluzione favorevole: alcuni studi longitudinali hanno osservato una graduale attenuazione dei sintomi nel passaggio dall’infanzia all’età scolare, e successivamente nell’adolescenza e nell’età adulta (Chieffo et al., 2011b; Darra et al., 2019). Tuttavia, altri dati indicano una persistenza delle problematiche comportamentali anche nelle fasi successive della vita. In particolare, Brown et al. (2020), analizzando una coorte di 45 soggetti tra i 2 e i 30 anni, hanno rilevato la presenza continuativa di difficoltà comportamentali, con problemi di attenzione nel 65% dei casi e comportamenti atipici associati ad ASD nel 70%. I tratti autistici osservati nei pazienti con DS comprendono scarso contatto visivo, interessi ristretti, comportamenti ritualistici, ritardo nel linguaggio e ritiro sociale. Nonostante questi elementi, spesso sono presenti anche alcune capacità relazionali, come sottolineato da Villeneuve et al. (2014). La diagnosi di ASD in questi pazienti resta però complessa. A oggi, sono pochi gli studi che hanno impiegato strumenti diagnostici gold standard per valutare formalmente l’ASD nell’età evolutiva (Li et al., 2011; Ouss et al., 2019). Secondo Ouss et al. (2019), la diagnosi di ASD nella DS è probabilmente sottostimata, a causa della marcata compromissione delle competenze sociali e comunicative, che possono rendere difficile la valutazione. D’altro canto, altri autori suggeriscono che comportamenti come ritiro, ritualismo e stereotipie non siano necessariamente espressione di un vero disturbo dello spettro autistico, ma piuttosto conseguenza di un deterioramento cognitivo associato alla sindrome.
Le informazioni sul profilo comportamentale dei bambini con DS provengono in larga parte da interviste e questionari rivolti a genitori e caregiver, strumenti pratici ma non privi di limiti. La soggettività nell’interpretazione dei termini e la variabilità nella percezione dei sintomi comportamentali rappresentano elementi critici nella raccolta e nell’analisi dei dati.
Tra i diversi aspetti clinici della sindrome di Dravet, i disturbi comportamentali e cognitivi si configurano come i principali predittori della qualità di vita correlata alla salute (HRQL), in misura persino superiore rispetto alle manifestazioni epilettiche (Brunklaus et al., 2011). Le difficoltà comportamentali sembrano derivare da una complessa interazione tra fattori genetici, neurologici e ambientali.
Sulla riabilitazione
Il trattamento riabilitativo nei soggetti con Sindrome di Dravet deve affrontare in modo completo le problematiche comportamentali, integrando diverse modalità terapeutiche per supportare le competenze e la gestione dei comportamenti problematici. Ogni approccio terapeutico gioca un ruolo fondamentale, mirando a migliorare le capacità del bambino e a ridurre i comportamenti disfunzionali. La neuropsicomotricità si concentra sul miglioramento delle capacità motorie e sulla percezione corporea, elementi essenziali per ridurre comportamenti disfunzionali legati alla scarsa consapevolezza del sé e dello spazio. Un aspetto cruciale di questo approccio è l’adattamento delle attività alle capacità e ai tempi di tolleranza del bambino. Le difficoltà sensoriali possono determinare scarsa gestione degli stimoli proposti e conseguentemente una marcata ipercinesia, che riduce ulteriormente la partecipazione alle attività terapeutiche e sociali. L’utilizzo di giochi mirati può favorire la concentrazione e la gestione dell’impulsività, mentre attività di problem solving stimolano la flessibilità cognitiva, rafforzando le funzioni esecutive e migliorando la capacità di adattamento. In parallelo, la terapia occupazionale riveste un ruolo fondamentale nell’affrontare le difficoltà legate alle funzioni sensoriali e motorie. Interventi di terapia occupazionale mirano a migliorare l’autonomia quotidiana del bambino, aiutandolo a sviluppare competenze utili nella gestione delle attività quotidiane. Questa terapia integra e potenzia gli altri approcci, supportando il bambino nell’acquisizione di abilità pratiche e nel miglioramento della partecipazione sociale, creando un ambiente stimolante che favorisce la regolazione sensoriale e la gestione delle difficoltà motorie. La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) si focalizza sulla gestione delle difficoltà emotive e comportamentali, come l’ansia e i tratti oppositivi, attraverso l’identificazione e la modifica di pensieri disfunzionali. Nei bambini con Sindrome di Dravet, la TCC è particolarmente utile per favorire la regolazione emotiva, migliorare la gestione dei cambiamenti d’umore e ridurre comportamenti aggressivi. Anche la psicoterapia, adeguata all’età del soggetto e alle sue capacità, gioca un ruolo importante, aiutando il bambino a elaborare emozioni difficili e a sviluppare strategie di coping. La terapia ABA (Analisi Comportamentale Applicata) supporta l’apprendimento di nuove competenze e promuove comportamenti adattivi, come l’autonomia, che sono essenziali per il miglioramento globale del bambino, in sinergia con l’intervento occupazionale. Un aspetto essenziale del trattamento comportamentale è che questo non si limita all’ambito terapeutico, ma deve essere continuato anche a casa, attraverso l’adozione di strategie educative apprese durante i percorsi di parent-training. Il coinvolgimento attivo dei genitori è fondamentale per garantire la continuità degli interventi e facilitare la gestione dei comportamenti problematici quotidiani. Un altro obiettivo importante è ridurre il significato dei comportamenti stereotipati o ecolalici, intervenendo con gesti concordati quando questi non esprimono un bisogno reale. In sintesi, un approccio integrato che unisce neuropsicomotricità, terapia occupazionale, TCC, psicoterapia, terapia ABA e parent training è essenziale per affrontare in modo efficace le difficoltà comportamentali nei bambini con sindrome di Dravet, migliorando le loro competenze e la qualità della vita. In questo contesto multidisciplinare, anche interventi complementari come la pet therapy e la musicoterapia si rivelano estremamente utili. La pet therapy, attraverso l’interazione con animali appositamente addestrati, favorisce la regolazione emotiva, migliora le capacità relazionali e riduce l’ansia, creando un contesto empatico e motivante per il bambino. Allo stesso modo, la musicoterapia stimola l’espressione emotiva e la comunicazione non verbale, rinforzando l’attenzione, la memoria e la coordinazione motoria in un contesto ludico e coinvolgente. Queste terapie, se integrate in modo armonico con gli altri interventi, contribuiscono a rendere l’esperienza riabilitativa più ricca, accessibile e personalizzata, sostenendo il benessere globale del bambino e della sua famiglia.
I comportamenti problema
I comportamenti problema rendono la vita della famiglia molto difficile e ostacolano l’inserimento del bambino – ragazzo – adulto nell’ambito sociale. Il tema è stato affrontato nei webinar seguenti dalla Dott.ssa Maria Cristina Olivieri psicologa psicoterapeuta cognitivo comportamentale , Assistente Analista del Comportamento (Applied Behavior Analysis), esperta in intervento e programmazione psicoeducativa nei Disturbi del Neurosviluppo.
Disordini del linguaggio
Lo sviluppo del linguaggio nei bambini affetti da Sindrome di Dravet risulta frequentemente compromesso, come osservato fin dalle prime descrizioni cliniche. In diversi studi iniziali (1; 2; 3; 4; 5) veniva segnalato un ritardo nell’acquisizione del linguaggio verbale, difficoltà articolatorie e disfasia, anche se spesso non venivano chiariti i meccanismi patologici sottostanti a tali difficoltà. Nel tempo, studi neuropsicologici retrospettivi hanno confermato che i disturbi del linguaggio sono frequentemente associati a difficoltà comportamentali, sia nei bambini che negli adulti affetti (6; 7). In alcuni casi, è stata riscontrata una dissociazione tra le capacità espressive e quelle ricettive del linguaggio, suggerendo un profilo di funzionamento linguistico complesso e non omogeneo (8; 9). In uno studio prospettico del 2016 (10), tredici bambini con Sindrome di Dravet sono stati seguiti nei primi anni di vita con valutazioni dettagliate delle competenze linguistiche pragmatiche, ricettive e produttive, al fine di individuare i possibili meccanismi patogenetici alla base delle difficoltà. I risultati hanno evidenziato che, già nel primo anno di vita, era presente una compromissione specifica nella produzione del linguaggio, mentre la comprensione risultava relativamente conservata. Questo quadro suggerisce una possibile disfunzione nei processi di integrazione sensomotoria, legati al flusso dorsale uditivo, insieme a un’alterazione del flusso dorsale visivo. Tali disfunzioni potrebbero avere un ruolo chiave non solo nello sviluppo linguistico, ma anche nel declino cognitivo osservato in alcuni pazienti. Dal punto di vista clinico, alcuni bambini riescono a sviluppare una comunicazione verbale funzionale, mentre altri utilizzano parole isolate o frasi chiave, e alcuni rimangono non verbali. La disartria (alterazione dei movimenti articolatori) è stata riportata da Wang et al. (11), mentre disturbi più ampi della comprensione e dell’espressione (disfasia) sono stati descritti da Caraballo e Fejerman (12).
Sulla riabilitazione
Dal punto di vista dello sviluppo linguistico, l’intervento logopedico fin dalla prima infanzia rappresenta un supporto fondamentale. Data l’elevata variabilità del profilo comunicativo nei bambini con sindrome di Dravet, il trattamento deve essere altamente personalizzato e flessibile nel tempo. Il percorso logopedico inizia con una valutazione approfondita delle competenze linguistiche espressive e ricettive, attraverso l’uso di test standardizzati e l’osservazione clinica. È inoltre essenziale un’analisi delle abilità prassiche orali, con particolare attenzione a masticazione, deglutizione e fonazione, soprattutto in presenza di disfagia o ipotonia oro-facciale. La stimolazione del linguaggio si basa su attività ludiche strutturate, che aiutano il bambino a riconoscere, discriminare e attribuire significato ai suoni e alle parole. Le strategie comunicative utilizzate includono il contatto visivo, la triangolazione dello sguardo, la verbalizzazione delle routine quotidiane e l’impiego di supporti visivi, che favoriscono la comprensione degli eventi. Per promuovere la produzione verbale, si utilizzano esercizi fono-articolatori e di motricità oro-facciale, con l’obiettivo di migliorare l’articolazione dei suoni, la consapevolezza fonologica e la coordinazione dei movimenti orali. Tali esercizi rivestono un doppio ruolo: potenziano le capacità comunicativo-espressive e contribuiscono a una deglutizione più sicura nei bambini che presentano difficoltà di masticazione e deglutizione (disfagia). In presenza di linguaggio verbale assente o molto compromesso, la Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) rappresenta una risorsa preziosa per garantire al bambino la possibilità di esprimersi, comprendere l’ambiente che lo circonda e interagire con gli altri. La CAA non sostituisce il linguaggio verbale, ma lo integra e lo supporta, attraverso l’uso di strumenti e strategie che rendono più accessibile la comunicazione. Tra questi l’utilizzo della comunicazione gestuale; di tabelle di comunicazione visiva con immagini, simboli o fotografie; l’uso di dispositivi elettronici o tablet programmabili in base ai bisogni individuali. L’obiettivo è costruire un vocabolario di base personalizzato, centrato su parole-chiave legate a bisogni primari, emozioni, oggetti familiari, attività quotidiane e routine scolastiche. L’uso di strutture linguistiche ripetitive e prevedibili facilita l’apprendimento e aumenta la sicurezza comunicativa del bambino. È importante sottolineare che l’efficacia della CAA dipende dalla sua integrazione costante nella vita quotidiana, grazie al coinvolgimento attivo della famiglia, della scuola e di tutti i caregiver. I genitori, opportunamente formati, diventano mediatori della comunicazione, offrendo modelli e occasioni continue di utilizzo dei simboli e degli strumenti adottati.
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- Wang, P.J., Fan, P.C., Lee, W.T., Young, C., Huang, C.C., Shen, Y.Z., 1996. Severe myoclonic epilepsy in infancy: evaluation of electroencephalographic and clinical features. Acta Paediatr. Sin. 37, 428–432.
- Caraballo RH, Fejerman N. Dravet syndrome: a study of 53 patients. Epilepsy Res. 2006;70 Suppl 1:S231-S238. doi:10.1016/j.eplepsyres.2005.11.026
Disordini dello sviluppo motorio
Nella sindrome di Dravet, lo sviluppo motorio nei primi mesi è spesso nella norma, ma a partire dal secondo anno di vita compaiono segni evidenti di compromissione. Instabilità della marcia e atassia sono riportate nel 50–83% dei casi (1; 2). Altri segni frequenti includono disturbi della coordinazione, mioclonie intercritiche (3), tremori e andatura tipica in “crouch gait”, che può compromettere la partecipazione del bambino alle attività quotidiane. Le difficoltà motorie, soprattutto dopo i 2 anni, sono comuni e spesso persistono anche in età adulta (4). Le funzioni motorie fini risultano più compromesse di quelle grossolane (75% vs 37,5%) (5; 6), anche se altri studi riportano un ritardo grossolano più marcato (7). In particolare, un ritardo nella deambulazione autonoma (>17,6 mesi) è stato associato a un quoziente di sviluppo cognitivo significativamente inferiore (8), confermando il legame stretto tra sviluppo motorio e cognitivo. Fin dalle prime fasi della vita, le acquisizioni motorie e sensoriali sono strettamente intrecciate con lo sviluppo cognitivo: ogni competenza motoria implica un processo mentale, e viceversa (9). Tale quadro complesso suggerisce una possibile disfunzione dell’integrazione sensori-motoria con coinvolgimento cerebellare (5) che definisce una maggiore compromissione visuo-motoria rispetto a quella verbale, associata a disturbi del linguaggio espressivo, atassia, difficoltà di coordinazione e disturbi comportamentali (deficit di attenzione, iperattività, tratti autistici). Comprendere meglio questi meccanismi e definire precocemente il fenotipo può favorire interventi riabilitativi più efficaci.
Secondo un recente studio (10) l’attività fisica moderata praticata regolarmente può migliorare l’outcome dei pazienti con patologie neurologiche come l’epilessia, in quanto determina una riduzione dei markers proinfiammatori e di stress, incrementando la socializzazione e riducendo l’incidenza delle crisi epilettiche. Inoltre, l’esercizio fisico è in grado di ridurre i sintomi depressivi e gli stati d’ansia, migliorando le capacità cognitive dei pazienti. Si tratta di un trattamento non-farmacologico fondamentale che bisogna introdurre in ogni piano terapeutico.
Sulla riabilitazione
L’intervento riabilitativo motorio ha l’obiettivo di favorire l’acquisizione di nuove competenze motorie e di preservare o potenziare quelle già presenti, promuovendo l’autonomia. In età prescolare, l’intervento è prevalentemente condotto dal terapista della neuropsicomotricità e si concentra su abilità come il controllo posturale, l’equilibrio e la coordinazione oculo-manuale. Attraverso attività ludiche, il bambino viene stimolato a rotolarsi su tappeti o superfici con consistenze differenti, gattonare alla ricerca di oggetti interessanti, strisciare, salire e scendere gradini bassi, saltare, arrampicarsi e correre in ambienti protetti. Queste esperienze potenziano la motricità globale, favoriscono la consapevolezza del corpo dello spazio e lo sviluppo dell’iniziativa motoria. L’intervento si avvale anche del gioco simbolico, l’imitazione e la relazione. Con la crescita gli obiettivi si ampliano e il lavoro si focalizza sulle prassie motorie con sequenze di movimento organizzato; orientamento spaziale e motricità fine e grafo-motricità, con attività di disegno, travasi e giochi ad incastro. E’ possibile costruire percorsi motori con ostacoli da superare, superfici instabili e materiali da manipolare. Un elemento centrale è l’osservazione e imitazione del terapista, che funge da modello: il bambino osserva un movimento ben eseguito, interiorizza lo schema motorio e lo riproduce con maggiore accuratezza. Nei ragazzi più grandi, soprattutto nei casi in cui le difficoltà motorie sono consolidate nel tempo, l’intervento assume un carattere più funzionale. In questo contesto opera il fisioterapista, concentrandosi sull’ottimizzazione dello schema della deambulazione, dell’incremento della resistenza fisica nel cammino e nello svolgimento della attività quotidiane, la prevenzione di retrazioni muscolari o alterazioni posturali da ipomobilità. Quando l’acquisizione di nuove competenze motorie diviene difficoltosa, l’obiettivo diventa la preservazione dell’autonomia residua, attraverso strategie compensative, ausili per la mobilità ed ortesi.
Bibliografia
- Dalla Bernardina et al., Epilepsie myoclonique grave de la première année. Rev EEG Neurophysiol 1982
- Dravet et al., Epileptic Syndromes in Infancy, Childhood and Adolescence, 1985
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- Verheyen K, Verbecque E, Ceulemans B, Schoonjans AS, Van De Walle P, Hallemans A. Motor development in children with Dravet syndrome. Dev Med Child Neurol. 2019;61(8):950-956. doi:10.1111/dmcn.14147
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- Nabbout R, Chemaly N, Chipaux M, et al. Encephalopathy in children with Dravet syndrome is not a pure consequence of epilepsy. Orphanet J Rare Dis. 2013;8:176. Published 2013 Nov 13. doi:10.1186/1750-1172-8-176
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- Verheyen K, Wyers L, Del Felice A, et al. Independent walking and cognitive development in preschool children with Dravet syndrome. Dev Med Child Neurol. 2021;63(4):472-479. doi:10.1111/dmcn.14738
- Guzzetta F., Chieffo D.P.R., Battaglia D.I., Lettori D., Del Re M., Brogna C., Dravet C., Mercuri E.M.
Neuropsychological development in children with Dravet syndrome
Rivista: Epilepsy Research, Volume 95, Anno 2011, Pagine 86-93 - Cavalcante BRR, Improta-Caria AC, Melo VH, De Sousa RAL. Exercise-linked consequences on epilepsy. Epilepsy Behav. 2021;121(Pt A):108079. doi:10.1016/j.yebeh.2021.108079
Lo sport
Nonostante le sfide che la sindrome di Dravet presenta, lo sport può essere un’esperienza positiva e benefica per le persone affetti da questa patologia. In questo video genitori e figli raccontano la loro esperienza con l’attività sportiva.